Mobilità lavorativa: come funziona e come realizzarla

feb 17, 2023

La mobilità lavorativa vuole facilitare il passaggio da un'azienda all'altra dei lavoratori licenziati. Ecco com'è oggi e com'è cambiata



Per mobilità lavorativa s’intende un insieme di misure previste dalla legge italiana per favorire la tutela dei lavoratori licenziati e il loro reinserimento nel mercato del lavoro. Fino a qualche anno fa prendeva la forma di indennità di mobilità, che però dal 2017 è stata sostituita prima dall’Aspi e mini Aspi e poi dalla Naspi, la Nuova assicurazione sociale per l’impiego, che viene versata dall’Inps al lavoratore disoccupato nel caso di licenziamenti collettivi.

Vediamo dunque cosa prevede la mobilità lavorativa e quali tutele assicura al lavoratore.


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Cosa significa mobilità lavorativa?

La procedura di mobilità è il percorso che devono seguire gli imprenditori di aziende in crisi che intendono licenziare personale. Si tratta infatti di un percorso fissato dalla legge per favorire il confronto coi sindacati e la ricerca di soluzioni alternative alla perdita del posto di lavoro.

Se non si trova l’accordo coi sindacati, i licenziamenti devono seguire le direttive previste dalla legge, rispettando alcuni criteri in base a:


  • anzianità;
  • carichi di famiglia;
  • esigenze produttive.


Alla mobilità devono accedere gli imprenditori rientranti nel campo di applicazione della disciplina della Cassa integrazione guadagni straordinaria (la Cigs):


  • che dopo aver usato la Cigs non riescono a garantire il reinserimento di tutti i lavoratori;
  • che, nelle imprese con più di 15 dipendenti, decidono di licenziare almeno 5 lavoratori in 120 giorni.


Prima della Riforma Fornero del 2012 e del Jobs Act del 2015 la legge prevedeva per i lavoratori licenziati una serie di tutele e garanzie. Tra queste la precedenza nelle assunzioni effettuate dall’azienda che li aveva licenziati, l’iscrizione alle liste di mobilità e un’indennità di mobilità che veniva versata a chi aveva un contratto continuativo con l’azienda o un’anzianità di almeno 12 mesi.

Le riforme hanno poi modificato questa impostazione, sostituendo Aspi e mini Aspi inserite dalla Fornero con la Naspi ideata col Jobs Act. Poi anche cancellando le cosiddette liste di mobilità a partire dal 1° gennaio 2017, pur mantenendo però una rete di tutele per il lavoratore e incentivi per le imprese che assumono i disoccupati.

I licenziamenti devono essere motivati dall’imprenditore con la riduzione o trasformazione dell’attività produttiva, oppure con una riorganizzazione del lavoro che determina un’eccedenza di personale. Ma la procedura di licenziamento collettivo viene attivata anche a fronte della decisione di cessare l’attività, chiudendo in modo definito l’azienda.

L'insieme delle iniziative per la mobilità lavorativa ha dunque lo scopo di attutire l'impatto sociale dei licenziamenti, consentendo alle imprese in difficoltà di riorganizzarsi ma garantendo ai lavoratori tutele ed entrate economiche nel periodo di mancanza del posto di lavoro.


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Come funziona la mobilità sul lavoro?

La vecchia indennità di mobilità prevedeva l’iscrizione del lavoratore alle cosiddette liste di mobilità e un'indennità economica con una durata più lunga rispetto alle altre prestazioni assicurate dall'Inps sulla disoccupazione. Allo stesso modo, garantendo alcuni incentivi per le aziende che assumevano i lavoratori disoccupati, cercava di facilitare appunto la mobilità lavorativa tra le aziende di queste persone.

Con l'invio delle lettere di licenziamento, il datore di lavoro doveva anche comunicare la lista dei lavoratori assunti a tempo indeterminato e a tempo determinato che intendeva licenziare, indicando i criteri utilizzati per la riduzione del personale.

La mobilità era pari, per i primi 12 mesi, al 100% del trattamento della cassa integrazione straordinaria, e poi per l'80% nei periodi successivi, pur senza poter superare dei massimali stabiliti anno dopo anno. Tutto questo però è stato ampiamente modificato prima dalla Riforma Fornero e poi dal Jobs act.

Con l'introduzione della Naspi sono cambiate molte cose. La Naspi viene pagata dall'Inps su domanda dell'interessato ai lavoratori con un rapporto di lavoro subordinato che perdono involontariamente l'occupazione.

Può essere richiesta anche da:


  • lavoratori apprendisti;
  • soci di cooperative;
  • personale artistico con rapporto subordinato;
  • dipendenti a tempo determinato della pubblica amministrazione.


Dal 1° gennaio 2022 la Naspi può essere chiesta anche dagli operai agricoli a tempo indeterminato. La Naspi parte generalmente dall'ottavo giorno dopo il licenziamento ed è versata ogni mese per un numero di settimane pari alla metà delle settimane contributive degli ultimi quattro anni.

L'indennità di Naspi è pari al 75% della retribuzione media mensile degli ultimi quattro anni, anche se con aggiustamenti a seconda che questa superi o no una soglia definita ogni anno dall'Inps. Tende poi a ridursi col passare dei mesi. Come per l'indennità di mobilità, sono stati previsti molti degli incentivi destinati alle aziende che assumono lavoratori disoccupati.


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