Congedo matrimoniale: quanti giorni dura e come chiederlo

set 13, 2022

Il periodo di riposo per le nozze consente di assentarsi dal lavoro senza perdere lo stipendio. Ecco come funziona e cosa bisogna sapere sul congedo matrimoniale



Pensato per consentire una pausa ai lavoratori dipendenti per dedicarsi alle nozze ed eventualmente anche al viaggio di nozze, ma senza perdere lo stipendio, il congedo matrimoniale è un periodo di riposo concesso dalla legge alle coppie che si sposano o formano un’unione civile.

Dura generalmente 15 giorni, anche se la definizione esatta spetta ai contratti collettivi nazionali, e garantisce appunto la stessa retribuzione dei giorni lavorativi. Dev’essere utilizzato subito dopo la data di celebrazione del matrimonio, a meno che azienda e lavoratore non prendano accordi differenti che prevedano un rinvio della sua fruizione.

Il pagamento del congedo matrimoniale è fatto direttamente dal datore di lavoro o dall’Inps. Spetta al lavoratore invece avvisare per tempo il suo datore di lavoro della data del matrimonio, per non mettere in difficoltà l’azienda per l’assenza.

Vediamo dunque come funziona nel dettaglio questo importante diritto.


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Che cos’è il congedo matrimoniale?

Il congedo matrimoniale è il diritto di congedarsi dal lavoro concesso a tutti i lavoratori dipendenti in occasione delle nozze, generalmente per 15 giorni, senza perdere nessuna parte dello stipendio, quindi conservando la normale retribuzione, e senza perdere giorni di ferie.

Entrato nell’ordinamento italiano fin dal 1937, il congedo era inizialmente previsto solo per gli impiegati ed è poi stato esteso durante la guerra anche agli operai. Oggi viene concesso ai lavoratori dipendenti assunti da almeno una settimana e che abbiano terminato il periodo di prova. Viene concesso anche nel caso di seconde nozze, cioè se il lavoratore si è separato, è rimasto vedovo, ha sciolto l’unione civile e ha poi deciso di sposarsi di nuovo.

Il congedo spetta a tutti i lavoratori dipendenti che si sposano con un matrimonio che abbia validità civile, quindi tutti quelli che si sposano in Comune e anche coloro che abbiano scelto una cerimonia religiosa che poi venga anche registrata negli atti civili, il cosiddetto matrimonio concordatario. Con l’entrata in vigore della cosiddetta “legge Cirinnà” nel 2016, il congedo matrimoniale spetta anche alle persone che hanno costituito un’unione civile, quindi anche alle persone dello stesso sesso.

Il beneficio spetta agli operai, agli apprendisti, ai lavoratori a domicilio, ai marittimi di bassa forza e ai dipendenti di aziende industriali, artigiane e cooperative che:

  • abbiano un rapporto di lavoro da almeno una settimana;
  • se si tratta di lavoratori disoccupati, devono aver lavorato almeno 15 giorni nei 90 giorni precedenti;
  • non siano in servizio per malattia, sospensione del lavoro, richiamo alle armi o cassa integrazione, pur mantenendo in validità il rapporto di lavoro.


Il congedo dura 15 giorni di calendario, cioè sono giorni consecutivi e devono essere calcolati contando anche i festivi e le domeniche che ricadono in quel periodo. La fruizione del congedo matrimoniale, è bene sottolineare, non va a influenzare le ferie maturate, dunque non prevede una riduzione dei normali giorni di riposo maturati fino a quel momento dal dipendente. Però è possibile, col consenso del datore di lavoro, agganciare i giorni di congedo alle ferie, per prolungare il periodo di riposo oltre i 15 giorni concessi.

Il congedo matrimoniale spetta ai lavoratori dipendenti perché i professionisti, i lavoratori a partita Iva o i freelance non hanno diritto a questo istituto, perché si presuppone che questa categoria di lavoratori possa organizzare l’attività lavorativa autonomamente e non abbia un datore di lavoro che può erogare la prestazione.


Da quando partono i 15 giorni di congedo matrimoniale?

Il congedo deve essere di norma utilizzato nei 30 giorni successivi alla data del matrimonio, anche se diverse sentenze hanno interpretato la norma riconoscendo la possibilità di usufruirne anche nei mesi successivi, salvando però il legame stretto, ovviamente, con le nozze.

Sono però i contratti collettivi a definire esattamente se il congedo dev’essere fatto entro i 30 giorni dalle nozze, per cui è sempre bene fare riferimento a questi per capire esattamente come e quando possa essere fruito il periodo di riposo, e se questo parta dal giorno delle nozze o dai giorni immediatamente precedenti.

Detto questo, è comunque sempre possibile raggiungere accordi col proprio datore di lavoro per concordare l’avvio effettivo del congedo, facendolo quindi partire subito prima o dopo la data del matrimonio.


Quando comunicare al datore di lavoro il matrimonio?

La legge impone che il preavviso di matrimonio vada dato all’azienda almeno 6 giorni prima della data della cerimonia, anche se è buona norma muoversi con più anticipo. Questo sia per evitare problemi all’azienda che al lavoratore.

La prima, infatti, potrebbe trovarsi in difficoltà sapendo all’ultimo di dover fare a meno di un suo dipendente, dovendo organizzarsi all’ultimo momento per sostituirlo o rivedere i propri progetti. Un preavviso lungo favorisce il più delle volte però anche il dipendente, che può così mettersi al sicuro da eventuali imprevisti e dedicarsi con serenità, specie negli ultimi giorni, all’organizzazione della cerimonia.

Al rientro dal congedo, il lavoratore deve poi presentare entro 60 giorni il certificato di matrimonio all’Inps o al datore di lavoro, per attestare con un documento l’avvenuta cerimonia.


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Quanto spetta per il congedo matrimoniale?

Durante il congedo matrimoniale si ha diritto alla piena retribuzione, ovvero si viene pagati con lo stipendio che si prende normalmente durante i giorni di lavoro effettivi e si maturano anche Tfr, ratei, permessi, tredicesima e quattordicesima, se prevista.

Il pagamento viene fatto direttamente dal datore di lavoro oppure dall’Inps, con un assegno per congedo matrimoniale pari a 7 giorni lavorativi, cui si aggiungerà poi il resto pagato dall’azienda.

L’assegno per il congedo spetta ai lavoratori che non siano dipendenti di:


  • aziende industriali, artigiane, cooperative e della lavorazione del tabacco con qualifica di impiegati, apprendisti impiegati e dirigenti
  • aziende agricole;
  • commercio, credito e assicurazioni;
  • enti locali e statali;
  • aziende che non versano il contributo alla Cassa Unica Assegni Familiari.


L’assegno spetta per sette giorni (che diventano otto per i marittimi) e viene erogato direttamente dall’Inps ai disoccupati, a chi è stato richiamato alle armi, ai lavoratori in malattia o in sospensione dal lavoro e ai marittimi di bassa forza, mentre come detto per i lavoratori occupati il versamento avviene direttamente da parte del datore di lavoro

Le categorie di lavoratori cui l’assegno viene pagato direttamente dall’Inps devono presentare richiesta entro un anno dal matrimonio. A partire dal 23 maggio 2022 è disponibile un servizio online dell’Inps per presentare la domanda.



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