Smart working: è giusto controllare i dipendenti?

mag 27, 2023

C'è un problema di fiducia che sta alla base della decisione di molte aziende di riportare le persone in ufficio a tempo pieno. Ma non è una mossa popolare


Nel tentativo di  trattenere i dipendenti consentendo loro di lavorare da casa, alcune organizzazioni stanno aumentando la sorveglianza per garantire che il lavoro venga davvero svolto. Ma quali sono le implicazioni di questa strategia, per i dipendenti e per le aziende?


Sono emersi nuovi dati su come le aziende si assicurano che i loro lavoratori a distanza raggiungano i propri obiettivi.

ResumeBuilder, ad esempio, ha intervistato mille dirigenti d'azienda e ha scoperto che la stragrande maggioranza (96%) monitora in qualche modo i propri dipendenti in qualche modo.

Potrebbe trattarsi di un monitoraggio di basso livello, come ad esempio individuare se il laptop è inattivo quando non dovrebbe esserlo. Ma vengono utilizzati anche approcci più invasivi: il 5% che afferma che i loro dipendenti non sono consapevoli del monitoraggio.



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Il controllo dei dipendenti


Più di un terzo dei leader coinvolti nell’indagine di ResumeBuilder utilizza il monitoraggio dei video in diretta e tre quarti hanno licenziato persone a causa di ciò che hanno scoperto nel corso dei controlli.

È sorprendente, poi, che il 70% abbia dichiarato che i dipendenti si sono licenziati piuttosto che accettare di essere monitorati.


È davvero un rischio che vale la pena correre? Secondo i datori di lavoro sì, poiché l’uso di questi software di monitoraggio avrebbe aumentato la produttività.

Il 10% lo vede anche come un mezzo per incoraggiare le persone a tornare in ufficio, dove - presumibilmente - non sarebbero monitorati allo stesso modo.

Ma tutto ciò ha davvero aumentato la produttività in termini di risultati? O, semplicemente, la produttività viene misurata solo in termini di “presenza visibile”?


Nascondere le cose ai datori di lavoro


Non sorprende che ci siano anche molti dipendenti che adottano tecniche che in ufficio non potrebbero utilizzare senza essere scoperti.

Lookout, ad esempio, ha scoperto che circa un terzo dei lavoratori che si trovano fuori sede per una parte del tempo o full time utilizza applicazioni e software che il suo team IT non ha approvato. Oltre il 90% esegue il lavoro anche sui dispositivi personali.

Altre statistiche che faranno riflettere i datori di lavoro sulle loro politiche IT sono le seguenti:


  • Il 90% dei dipendenti accede alle reti aziendali da una media di cinque luoghi diversi dal proprio domicilio
  • Il 45% dei dipendenti utilizza le stesse password per gli account di lavoro e personali
  • Il 46% dei lavoratori salva i file di lavoro sui propri dispositivi personali anziché sulla rete aziendale.


Se da un lato le tecniche di monitoraggio invasive sono preoccupanti, dall'altro sembra che un'ampia fetta di dipendenti non stia rispettando la propria parte dell'accordo sullo smart working.


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Il percorso da seguire


Alla base delle criticità emerse rispetto al lavoro da remoto ci sarebbero dei problemi di fiducia e di comunicazione. Fortunatamente, però, esistono delle soluzioni.


Per i datori di lavoro, il problema della fiducia è comprensibile. Si paga una persona per migliaia di euro all'anno e si vuole essere sicuri di ricevere in cambio la stessa quantità di valore. Se, quindi, ci si trova in una situazione in cui non si è in grado di sopportare il pensiero di lasciare che il proprio team svolga la sua giornata lavorativa senza essere controllato, è consigliabile porsi alcune delle seguenti domande:


  • Se non fossero controllati, passerebbero la giornata a sgarrare?
  • Avete un sistema per identificare le persone di cui vi potete fidare durante il processo di assunzione?
  • Se una persona sta raggiungendo i propri obiettivi, ha importanza se inizia il lavoro con un po' di ritardo o lo finisce con un po' di anticipo?
  • Le pratiche di gestione delle prestazioni e di definizione degli obiettivi sono adeguate?
  • Come vengono motivati i dipendenti? Ci sono abbastanza iniziative positive, come riconoscimenti premi, bonus e aumenti di stipendio, per garantire che si sentano ispirati a dare il massimo?


Le risposte potrebbero far emergere alcuni aspetti da esplorare, come ad esempio un modo migliore per valutare se ci si può fidare di una persona prima dell'assunzione o durante l'inserimento.

Rafforzando i processi relativi alla definizione e al raggiungimento degli obiettivi, si creerebbe uno spazio in cui si avrebbe più chiaro ciò che serve e ciò di cui si ha bisogno per raggiungere determinati obiettivi.


Quando si tratta di dipendenti che creano rischi per la sicurezza, è molto più probabile che ciò sia dovuto all'ingenuità o all'ignoranza, ed eventualmente alla pigrizia.

La soluzione consiste nell'identificare ogni comportamento che si vuole eliminare e poi capire se è possibile impedirlo fisicamente utilizzando i propri sistemi. Ad esempio, impedendo alle persone di scaricare applicazioni non autorizzate sui dispositivi aziendali.

Sarebbe opportuno creare un elenco di tutti gli scenari che si vuole evitare si verifichino. Questi saranno l'argomento della prossima campagna informativa. Per molte persone, il rischio di condividere le password su diverse piattaforme non è così chiaro finché non viene spiegato loro.

Migliorando la comunicazione, si dimostrerà da una parte fiducia nel proprio team e si proteggerà la propria azienda da minacce esterne, dall’altra.


La fiducia è una strada a doppio senso che, una volta danneggiata, può richiedere tempo per essere riparata. Se si adottano alternative al controllo e al monitoraggio, si inizia a ricostruire il rapporto danneggiato. E, con il tempo, i dipendenti ripagheranno la fiducia diventando ancora più affidabili. Inoltre, la sorveglianza costante è un lavoro a tempo pieno. Perché non concentrare le energie su ciò che la propria azienda sa fare meglio?



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