Cos’è e come funziona la previdenza complementare

Kelly Services • set 15, 2023

La previdenza complementare affianca il sistema pubblico delle pensioni, consentendo di integrare le entrate una volta terminato il lavoro. Ecco le cose da sapere



Nel corso degli anni il sistema pensionistico italiano è stato profondamente modificato tenendo conto dei cambiamenti che stavano avvenendo nella popolazione, in particolare l’allungamento della vita media. Alla previdenza pubblica obbligatoria si è così affiancata una previdenza complementare, cioè aggiuntiva, che affianca quella direttamente controllata e gestita dallo Stato.

Si tratta di forme di previdenza che prevedono l’adesione volontaria del lavoratore, che grazie al versamento di contributi nel corso della sua vita lavorativa riceve una rendita nel momento in cui andrà in pensione. Consentendo così di integrare, aumentandola, la pensione prevista dal sistema pubblico.

Vediamo quindi come funziona, quali sono i vantaggi e come si aderisce alle varie forme di previdenza complementare.


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Come funziona la previdenza complementare?

La previdenza complementare è un sistema che affianca lo Stato nell’erogazione delle pensioni ai lavoratori che maturano i requisiti per ottenere una pensione. Prevede il versamento di contributi a diversi soggetti, che poi consentiranno di aumentare gli incassi una volta raggiunta l’età per il ritiro dalla vita lavorativa.

Il sistema di previdenza italiano, prevalentemente pubblico, obbligatorio e gestito dallo Stato, è stato profondamente modificato nel corso degli ultimi decenni per far fronte ai cambiamenti osservati nella popolazione, soprattutto in termini di allungamento dell’età media.

A partire dagli anni Novanta, in particolare, il sistema pensionistico italiano è stato riformato per garantire la tenuta dei conti pubblici di fronte ai cambiamenti demografici e a diverse dinamiche economiche in corso.


In particolare quindi:


  • siamo passati da una struttura prevalentemente retributiva, cioè basata sugli ultimi stipendi ricevuti dal lavoratore, a un sistema contributivo, che dunque si basa sui contributi versati durante tutta la vita lavorativa, all’andamento dell’economia e alla speranza di vita del lavoratore al momento del pensionamento;
  • sono stati innalzati sia l’età richiesta per andare in pensione che gli anni di contribuzione necessari per accedervi;
  • la pensione viene rivalutata principalmente in base all’inflazione.


Come successo anche in altri Paesi, alla previdenza obbligatoria pubblica si sono così affiancate le forme pensionistiche complementari, gestite da soggetti che agiscono secondo direttive stabilite dallo Stato e soggette alla vigilanza di alcuni enti preposti. Sono forme aggiuntive di previdenza regolate dal decreto legislativo 252 del 5 dicembre 2005, che definisce le caratteristiche del cosiddetto “secondo pilastro” del sistema pensionistico italiano, che si aggiunge al “primo pilastro” obbligatorio e pubblico tradizionale.

In questo modo il lavoratore che va in pensione ha a disposizione un reddito più adeguato alle sue necessità una volta che si ritira dalla vita lavorativa, maggiori rispetto a quelle garantite dalla pensione pubblica, e tutto il sistema di previdenza risulta più adeguato alle dinamiche demografiche.

Proprio perché svolgono questa funziona sociale, ai soggetti che garantiscono una pensione complementare e ai lavoratori che vi aderiscono lo Stato riconosce una serie di benefici fiscali, come accade per esempio per le spese sanitarie, che non sono invece riconosciute ad altre forme di risparmio o investimento.

Ogni forma pensionistica complementare consente quindi al lavoratore che vi aderisce una serie di entrate economiche, al momento del raggiungimento dell’età pensionistica, che dipendono:


  • dall’ammontare dei contributi o dal Tfr versati, dal lavoratore e anche il contributo del datore di lavoro, quando previsto;
  • dagli anni di contribuzione (più anni di contributi garantiscono entrate maggiori);
  • dai costi di gestione della forma di previdenza scelta;
  • dai rendimenti degli investimenti scelti dal fondo di previdenza.


Per queste ragioni l’adesione alla previdenza complementare garantisce una serie di vantaggi ma espone il lavoratore a una serie di rischi che non sono presenti nella previdenza pubblica, come:


  • i costi sostenuti per aderire alla previdenza complementare possono incidere sulle entrate future;
  • l’andamento degli investimenti scelti dal fondo di previdenza prescelto.




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Chi può aderire alla previdenza complementare?

Può aderire alla previdenza complementare ogni lavoratore dipendente del settore privato, i lavoratori pubblici e anche i lavoratori autonomi o i professionisti. L’adesione avviene su base volontaria. Ogni categoria ha però regole e modalità specifiche per godere della pensione una volta abbandonata l’attività lavorativa.


Per accedere alla previdenza integrativa esistono diverse possibilità:


  1. Fondi pensione negoziale: sono i fondi pensione che vengono definiti da un accordo collettivo o dalla contrattazione collettiva, così come da accordi territoriali legati a un’area specifica.
  2. Piani individuali pensionistici (PIP): sono forme di previdenza istituite dalle assicurazioni, che possono raccogliere soltanto adesioni individuali.
  3. Fondi pensione aperti: sono fondi costituiti da banche, società di gestione del risparmio (SGR), assicurazioni e società di intermediazione mobiliare (SIM). Questo tipo di fondi possono raccogliere adesioni individuali e collettive.
  4. Fondi pensione pre-esistenti: sono fondi pensioni che esistevano prima che il sistema venisse riformato, che hanno modalità di funzionamento proprie.


Nel caso di nuova assunzione nel settore privato, entro sei mesi dalla firma del contratto viene chiesto al lavoratore se desidera aderire alla previdenza complementare, versando così il Tfr maturando, o lasciare lo stesso Trattamento di fine rapporto all’interno dell’azienda. In caso di mancata risposta vale il silenzio-assenso e al lavoratore viene applicata la forma di previdenza complementare prevista dal proprio contratto di lavoro o dagli accordi aziendali.

Se il lavoratore non ha una forma di previdenza complementare di riferimento, o anche se desidera aderire a un’altra forma di previdenza, può aderire a un fondo pensione aperto o a un PIP. I lavoratori autonomi o i professionisti possono aderire a un fondo pensione aperto o a una PIP.


L’adesione a un fondo di previdenza integrativa può avvenire:


  • nella propria azienda;
  • nella sede del fondo pensione scelto;
  • nella sede di un Caf o di un sindacato;
  • in alcuni casi anche via web.


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