Parità salariale di trattamento fra uomo e donna

Kelly Services • ott 04, 2023

Col termine parità salariale s’intende l’impegno a garantire retribuzioni uguali per uomini e donne. Vediamo quali leggi la impongono



La parità salariale è un principio base del sistema legislativo italiano ed europeo. La sua corretta applicazione si scontra però con ostacoli culturali, sociali ed economici. Sia in Italia che in Europa esistono comunque delle leggi che impongono di intervenire per superarli.

Vediamo di cosa si tratta.





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Cosa si intende per parità salariale?

Per parità salariale s’intende l’uguaglianza di stipendio a parità di lavoro. È un’espressione che viene generalmente utilizzata per sottolineare il divario retributivo esistente tra personale maschile e femminile (il “gender pay gap”) e, quindi, suggerire interventi per rimuovere queste differenze e promuovere la parità di genere.


Si tratta di un diritto fondamentale, la pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo, che tuttavia stenta a essere raggiunto pienamente per una serie di cause:


  • pregiudizi culturali, che spingono le ragazze a scegliere alcune materie rispetto ad altre che danno accesso a impieghi più remunerativi;
  • differenze di genere nella cura della famiglia, che rimane soprattutto a carico della donna;
  • mancanza di servizi e sostegni per le donne occupate;
  • grado di partecipazione delle donne all’attività lavorativa;
  • presenza maggiore delle donne in compiti che garantiscono minori retribuzioni, come assistenza, sanità e istruzione.


Il divario retributivo di genere è stato affrontato da diverse leggi, sia italiane che europee, come in particolare:



Si tratta di leggi che impongono una serie di obblighi ai datori di lavoro, come la comunicazione obbligatoria dei dati sulle retribuzioni e le differenze esistenti tra uomini e donne, ma anche la promozione di azioni che puntano a ridurre il divario di genere

Secondo i dati di Eurostat nel 2021 le retribuzioni orarie lorde delle donne erano inferiori del 12,7% in media nell’Unione Europea (UE) e del 13,6% nell’Area Euro. Ci sono però forti differenze tra i vari Paesi, con una differenza massima del 20,5% per l’Estonia e addirittura negativa (-0,2%) in Lussemburgo. In Italia questo dato è attorno al 5%.


La differenza però aumenta di molto se si tiene in considerazione il cosiddetto “divario retributivo complessivo”, che prende in esame:


  • retribuzione oraria media
  • media mensile del numero di ore retribuite;
  • tasso di occupazione.


In questo modo la differenza tra donne e uomini raggiunge in Italia il 43% contro una media europea del 36,2%. Una discriminazione che ha anche importanti
effetti economici, visto che ci sono vari studi che certificano che un aumento delle donne occupate comporta un notevole aumento del Pil a parità delle altre condizioni.

In particolare, si stima che ridurre di un punto percentuale il divario retributivo tra uomini e donne comporterebbe un aumento del Pil europeo dello 0,1%.



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Quando la parità retributiva tra uomo e donna?

La legge 162 del novembre 2021, detta anche legge sulla parità salariale, prevede una serie di meccanismi di premio per gli imprenditori virtuosi ma anche obblighi per le imprese per la certificazione della parità al proprio interno.

La legge intanto amplia il campo di azione stabilendo che oltre ai lavoratori assunti possono essere oggetto di discriminazione anche i candidati in fase di selezione del personale e le modalità di organizzazione del lavoro, come per esempio la definizione degli orari, ma anche le modifiche apportate alle condizioni di lavoro.

La legge ha inoltre allargato l’obbligo di presentare un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile, che ora deve essere presentato dalle imprese con più di 50 dipendenti, e non più di 100 come in precedenza, con cadenza biennale.

La legge introduce anche il cosiddetto “bollino rosa”, che certifica le azioni messe in campo dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere per parità salariale, possibilità di crescita all’interno dell’azienda e tutela della maternità.


Le imprese che ottengono il “bollino rosa” ottengono alcuni vantaggi:


  • l’esonero dal versamento di una parte dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro;
  • un punteggio premio per le aziende che richiedono l’accesso ad aiuti di Stato;
  • un punteggio premio per le imprese che partecipano a bandi di gara pubblici.


La Direttiva europea approvata a maggio 2023, che ora dovrà essere recepita dagli Stati, prevede invece oltre a un
obbligo di trasparenza per le retribuzioni applicate dalle aziende, anche l’obbligo di intervento se il divario retributivo supera il 5%. La direttiva impone poi il rispetto della parità all’interno delle gare pubbliche e prevede obblighi sia per il datore di lavoro privato che per i datori di lavoro del settore pubblico.



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