Che sia per scelta o necessità, lavorare a partita Iva presenta
vantaggi
e
svantaggi
rispetto al lavoro dipendente. Si tratta infatti di una tipologia di lavoro
autonomo, a meno di abusi o irregolarità sempre possibili, che consente una maggiore libertà di organizzazione rispetto a un lavoratore con un datore di lavoro fisso, ma che comporta anche minori tutele rispetto al lavoro dipendente e obblighi in più in materia fiscale.
La partita Iva non è dunque una tipologia di contratto come il contratto a tempo indeterminato o il contratto di collaborazione, ma un regime fiscale all’interno del quale operano alcuni lavoratori autonomi, come liberi professionisti o consulenti che lavorano per più committenti.
Vediamo dunque come funziona il lavoro con partita Iva e quali possono essere i vantaggi di lavorare in questo modo.
La partita Iva è un codice alfanumerico, cioè formato sia da lettere dell’alfabeto che da numeri, che viene rilasciato dall’Agenzia delle Entrate per identificare in modo univoco un lavoratore autonomo o una società, compresa una ditta individuale.
Si tratta dunque di un regime differenze dalle prestazioni occasionali, che vengono regolate con note di collaborazione e hanno però un limite massimo di 5.000 euro annui di incassi consentito.
Aprire la partita Iva significa dunque inviare all’Agenzia stessa i propri dati dichiarando il ramo di attività in cui si intende operare, per poter così rilasciare fattura ai propri clienti e rispettare tutti gli obblighi fiscali connessi a questa tipologia di lavoro. La partita Iva dovrà infatti essere indicata su tutti i documenti legati all’attività di lavoro autonomo, comprese le dichiarazioni dei redditi.
A differenza di un contratto di lavoro da dipendente, il lavoro con partita Iva si caratterizza per:
Ovviamente lavorare con partita Iva implica anche una serie di obblighi o svantaggi:
Partita iva e lavoro dipendente comportano quindi obblighi e compiti differenti, che devono essere messi in conto quando si deve prendere la decisione di “mettersi in proprio” aprendo la propria partita Iva.
Ci sono poi regimi fiscali agevolati, come il regime forfettario, che all’inizio può essere un buon compromesso perché prevede carichi fiscali minori e una serie di agevolazioni, riconosciute a fronte di un livello massimo di incassi, che è stato recentemente innalzato a 85.000 euro all’anno.
Quando si lavora con partita Iva si opera come un lavoratore autonomo, cioè senza un vincolo di subordinazione col datore di lavoro, impegnato in un servizio che può essere un’attività intellettuale o la realizzazione di un bene materiale.
Generalmente il lavoro con partita Iva può quindi riguardare un ampio spettro di attività, come:
Quindi se una persona lavora a partita Iva può svolgere professioni
intellettuali
come consulente, architetto, copywriter, avvocato, giornalista, ingegnere, ma anche attività più
materiali
come artigiano o commerciante.
Ovviamente a seconda dell’attività ci sono obblighi e modalità differenti di portare avanti questa attività. Nel caso di ditta individuale (com’è il caso di commercianti, artigiani o un’altra attività imprenditoriali) bisogna registrarsi alla Camera di commercio, mentre nel caso dei professionisti è prevista l’iscrizione a una cassa di appartenenza per il versamento dei contributi o, in alternativa, alla Gestione separata dell’Inps.
In ogni modo, a differenza dei lavoratori inquadrati come dipendenti, i lavoratori a partita Iva devono:
Tutte queste attività possono essere svolte con l’aiuto di un
commercialista, che sa districarsi tra le tante norme in vigore ed evitare brutte sorprese. Ovviamente questi servizi hanno un
costo, che vanno dall’apertura della partita Iva alla presentazione dei documenti necessari per il versamento dei contributi e la preparazione della dichiarazione dei redditi, che finiscono nella parcella del commercialista.
Dal punto di vista del datore di lavoro, inquadrare un collaboratore a partita Iva presenta dei vantaggi sia per la semplificazione delle procedure che per i costi che l’impresa deve sostenere. Ma questo apre alla possibilità di abusi, perché molti rapporti di lavoro sono stati “mascherati” con la partita Iva pur essendo rapporti di lavoro subordinati a tutti gli effetti. Per questo nel corso degli anni sono state introdotte norme per limitare queste storture.
Se un lavoratore è assunto da un’azienda privata come dipendente può lavorare anche a partita Iva se il proprio contratto non prevede clausole specifiche che lo vietino. Mentre nel settore pubblico esistono parametri più stringenti.
In genere gli accordi prevedono che con l’attività a partita Iva il lavoratore non faccia concorrenza al proprio datore di lavoro. Ma prima di aprire una partita Iva è bene verificare che questa sia necessaria. Se infatti i lavori “extra” che intendi svolgere non comportano un grande impegno e grandi incassi si può scegliere la via della collaborazione occasionale regolata con le note di collaborazione.
Nel settore pubblico esistono invece limitazioni ulteriori. Per svolgere lavoro a partita Iva si tiene infatti conto volta per volta dell’orario di lavoro, se il lavoro è a part time, ma anche del consenso del proprio dirigente e di eventuali clausole di esclusività della propria attività principale.