Il congedo di paternità è una misura di sostegno per i
nuovi genitori
che consente anche al padre lavoratore dipendente di usufruire di un periodo di riposo in occasione della nascita o dell’adozione di un figlio. Si tratta di un insieme di misure, che vanno dal congedo di paternità obbligatorio al congedo di paternità facoltativo, fino al congedo parentale, che prevedono tempi e indennità differenti.
Buona parte di queste misure sono state modificate a partire dal 13 agosto 2022 dal Decreto legislativo n.105 del 30 giugno 2022, dopo che la Legge di bilancio per il 2022 aveva già reso strutturali una serie di strumenti che fino a quel momento erano sperimentali e rinnovati di anno in anno.
Vediamo nel dettaglio come funzionano.
Il padre lavoratore dipendente, privato o pubblico, deve astenersi dal lavoro per un periodo di 10 giorni lavorativi a partire dai due mesi precedenti alla data presunta del parto e fino ai 5 mesi successivi alla nascita. Come spiega l’Inps, col messaggio n. 3066 del 4 agosto 2022, i 10 giorni di congedo padri obbligatorio non sono frazionabili a ore ma possono essere invece goduti anche in maniera non continuativa, intervallando i giorni di riposo a giorni di lavoro, pur nei limiti indicati.
Si può fruire del congedo, sempre all’interno dello stesso arco temporale, anche in caso di morte perinatale del figlio.
A differenza di quanto previsto in precedenza, i giorni di congedo passano da 10 a 20 in caso di parto plurimo mentre, come già accadeva prima, il congedo obbligatorio è concesso al padre anche in caso di adozione o affidamento.
Per il congedo di paternità obbligatorio spetta un’indennità pari al 100% dell’ultima retribuzione, che viene di norma versata in anticipo dal datore di lavoro e poi rimborsata dall’Inps, o in alternativa versata direttamente dall’Inps.
Il congedo obbligatorio per i padri spetta dunque:
Come spiega l’Inps nella
circolare 122 del 27 ottobre 2022, il congedo parentale padri obbligatorio non è invece destinato a:
Il nuovo congedo di paternità obbligatorio, che si applica ai parti dal 13 agosto 2022, sostituisce quindi sia il vecchio congedo obbligatorio del padre che il congedo facoltativo del padre, riorganizzando questo tipo di misure per favorire un più corretto equilibrio nella gestione dei figli e favorire il legame tra padri e figli.
Il congedo di paternità obbligatorio è riconosciuto a tutti i lavoratori dipendenti, compresi:
Per i 10 giorni di congedo parentale padri spetta la retribuzione piena al 100%, che secondo i casi viene pagata direttamente dall’Inps o anticipata dal datore di lavoro, che poi verrà risarcito dall’Inps stessa.
Per quanto riguarda il periodo esatto, i dieci giorni vengono calcolati sulla base delle sole giornate lavorative, escludendo cioè i festivi e le domeniche. Stesso calcolo spetta per i 20 giorni nel caso di parto plurimo.
Il padre deve comunicare al datore di lavoro l’intenzione di fruire del congedo padri obbligatorio con un anticipo minimo di 5 giorni, utilizzando la forma scritta o, se presente, grazie al sistema informativo aziendale.
Nei casi in cui sia invece l’Inps a occuparsi del pagamento diretto dell’indennità (per accertarsene si può chiedere alla propria azienda), la domanda va presentata online sul portale apposito dell’Inps. Altrimenti si può presentare la domanda anche usando il servizio di Call center dell’Inps stesso oppure facendosi aiutare da enti di patronato.
I lavoratori delle pubbliche amministrazioni presentano invece la domanda sempre alla propria amministrazione.
Le novità introdotte nel corso del 2022 e valide anche per il 2023 sul congedo parentale per i padri hanno quindi modificato i periodi di astensione concessi. Il nuovo congedo di paternità obbligatorio infatti, modifica quanto previsto fino a quel momento dal decreto legislativo 26 marzo 2001 n 151:
Ma i periodi di congedo di paternità obbligatorio non sono le uniche modifiche in tema di congedo parentale e
congedo di maternità introdotte quest’anno.
Sono cambiate anche le regole sul congedo parentale facoltativo. Sono infatti rimasti uguali i mesi totali che possono essere richiesti, ovvero sei mesi per la madre e sei per il padre, che possono diventare sette nel caso il padre ne prenda almeno tre, anche se con un massimo per la coppia di genitori di 11 mesi totali.
Ma è cresciuta da sei a nove mesi il numero di quelli in cui il genitore lavoratore riceve un’indennità del 30% dello stipendio, fino ai 12 anni di vita del bambino (o come detto dall’ingresso in famiglia nel caso di affidamento o adozione).
Per quanto riguarda invece i genitori soli, vengono riconosciuti 11 mesi di congedo parentale, che possono essere fruiti in modo continuo o frazionato, di cui però sono nove i mesi in cui il genitore lavoratore riceve l’indennità al 30% dello stipendio.
Per chi ha invece un reddito basso, cioè inferiore a 2,5 volte la pensione minima, quindi di 1.310 euro, viene riconosciuta l’indennità al 30% per tutti i mesi di congedo richiesti fino al 12esimo anno di età del figlio e non più fino all’ottavo, come accadeva in precedenza.
Ricapitolando, dunque:
Come visto invece non sono cambiati i limiti massimi individuali e di entrambi i genitori.