Calcolo Tfr, cos'è e come si fa

Kelly Services spa • nov 24, 2022

Il Tfr, detto anche liquidazione, è una parte dello stipendio che viene pagata al termine del rapporto di lavoro. Ecco quello che c'è da sapere su come funziona e come calcolarlo in modo corretto



​​Cos'è il Tfr o liquidazione?


La sigla Tfr sta per Trattamento di Fine Rapporto, è detto anche liquidazione ed è una componente dello stipendio che viene riconosciuta dalle aziende ai lavoratori dipendenti in modo differito, quando termina il rapporto di lavoro per qualsiasi motivo.


Si matura sulla base della retribuzione annua e di una rivalutazione annuale calcolata sull’inflazione. È regolato dall’articolo 2120 del Codice civile e deriva da un’indennità introdotta fin dal 1927 nell’ordinamento italiano che si chiamava indennità di licenziamento e poi indennità di anzianità. Il Tfr è poi stato ufficialmente inserito nel 1982 con la legge n. 297.


Nel 2005, col decreto legislativo n. 252, è stata riformato il funzionamento della previdenza complementare destinando il Tfr ai fondi pensione complementari.

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Come viene pagato il Tfr?


Il Tfr viene pagato al lavoratore automaticamente alla fine del rapporto di lavoro, qualunque sia la causa che ha portato all’interruzione del contratto. Se l’azienda è fallita e non riesce a pagare il Tfr si può fare richiesta al fondo garanzia specifico dell’Inps.


I lavoratori possono anche chiedere un anticipo del Tfr pur continuando il rapporto di lavoro, a patto però che siano rispettate alcune condizioni:


  • che il lavoratore abbia maturato almeno 8 anni di servizio presso l’azienda cui chiede l’anticipo;
  • che la quota di Tfr richiesta in anticipo sia al massimo del 70% rispetto al Tfr maturato fino a quel momento;
  • l’azienda può riconoscere annualmente l’anticipo del Tfr a un massimo del 10% dei lavoratori che ne hanno titolo e comunque fino al 4% del numero dei dipendenti;
  • il lavoratore non deve avere già chiesto l’anticipo prima, perché è una facoltà concessa una sola volta nel corso del rapporto di lavoro.

I motivi riconosciuti dal Codice civile per richiedere l’anticipo sono:


  • spese sanitarie per cure o interventi straordinari riconosciuti dalla sanità pubblica;
  • acquisto della prima casa per sé o per i propri figli.


La giurisprudenza ha poi allargato ad altri aspetti la possibilità di anticipo (acquisto del terreno su cui costruire la prima casa, ristrutturazione di una casa da abitare ecc.).


I contratti collettivi possono contenere norme di maggior favore per quanto riguarda il Tfr, per esempio estendendo ad altre tipologie di spese la possibilità di anticipo. C’è poi sempre la possibilità di accordi individuali azienda-lavoratore con condizioni diverse rispetto a quanto previsto dal Codice civile.

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Come si fa il calcolo del Tfr?


Il Codice civile spiega che “in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto”. La norma esclude quindi esplicitamente dalla misura i lavoratori autonomi, e spiega nel dettaglio come dev’essere calcolato il Tfr pagato dal datore di lavoro.


In particolare, il Tfr “si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5”. I mesi vengono considerati interi per periodi di lavoro uguali o superiori a 15 giorni.


Per evitare però che il Tfr si svaluti col passare del tempo, a questa quota annuale stabilita sulla base del reddito di riferimento si aggiunge una quota aggiuntiva legata all’andamento dell’inflazione. Il Codice civile spiega infatti che la quota annuale del Tfr è aumentato:


“al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall'1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall'Istat, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente”.


In pratica quindi la quota annuale di Tfr viene aumentata dell’1,5 per cento ogni anno, cui si aggiunge un altro aumento pari ai tre quarti dell’inflazione accertata dall’Istat per l’anno di riferimento.


Questo significa che per il calcolo del Tfr non basta ricavare la quota annuale sulla base del proprio stipendio e moltiplicarla per gli anni di servizio, cioè la propria anzianità, perché a questa quota fissa dev’essere aggiunta una quota che cambia ogni anno, sulla base dei calcoli dell’Istat.


Ovviamente, trattandosi di anticipo, la quota di Tfr versata subito al lavoratore viene detratta dalla somma finale che spetterà allo stesso lavoratore alla fine del rapporto di lavoro.

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Come si calcola il Tfr maturato: esempio pratico


Prendiamo l’esempio di un lavoratore dipendente con un reddito medio di 21.060 euro annuali, che è la media dichiarata dai lavoratori dipendenti rilevata dal MEF per l’anno 2019.


Il Tfr annuale si ottiene come detto dividendo per 13,5 il reddito di 21.060, quindi:


21.060 : 13,5 =  1.560 euro


A questo valore si sottrae lo 0,5% della retribuzione, che serve ad alimentare il fondo di garanzia dell’Inps, quindi:


1.560 - 105,3 = 1.454,7 euro

Il Tfr maturato nel corso del primo anno di lavoro, a patto che questo vada dal 1° gennaio al 31 dicembre, sarà dunque di 1.454,7 euro.


A questa voce poi va sommata la rivalutazione in base all’indice Istat, che va calcolata sull’anno precedente e come detto prevede:


  • una parte fissa dell’1,5%;
  • una parte variabile pari al 75%, cioè i tre quarti, dell’aumento dei prezzi calcolato dall’Istat.


Quindi nel nostro caso per il secondo anno di lavoro (considerando il nostro lavoratore assunto nel 2018, col 2019 come secondo anno) si dovrà calcolare:


l’1,5% di 1.454,7 = 21,82 euro

il 75% di 0,5%, cioè l’aumento dei prezzi del 2019 secondo l’Istat = 0,375%


lo 0,375% di 1.454,7 = 5,46 euro


21,82 + 5,46 = 27,28 euro, meno il 17% di imposta sulla rivalutazione = 22,64 euro


Quindi: 1.454,7 + 22,64 = 1.477,34 euro


Il Tfr accantonato per i primi due anni dal nostro lavoratore sarà dunque di 1.454,7 + 1.477,3 = 2.932 euro


Attenzione però: questo è il cosiddetto Tfr lordo, cui bisogna poi sottrarre le tasse applicate, che porteranno alla definizione precisa del Tfr netto, cioè quanto concretamente spetterà al lavoratore.



Come funziona il Tfr in un fondo?

Ogni lavoratore può scegliere di destinare il proprio Tfr all’azienda, che dunque lo conserverà a titolo di finanziamento proprio fino al versamento al dipendente, o in un fondo pensione.

Dal 2018 infatti non è più possibile chiedere di ricevere il Trattamento di Fine Rapporto in busta paga, come aveva concesso una sperimentazione poi interrotta.

Le possibilità per il Tfr sono dunque due:


  1. lasciare il Tfr in azienda, che lo conserverà in società se sotto ai 50 dipendenti o lo verserà al Fondo tesoreria Inps nel caso di imprese sopra i 50 dipendenti;
  2. destinare il Tfr a un fondo pensione.


Il lavoratore ha sei mesi di tempo per decidere la destinazione del suo Tfr. Entro quel periodo quindi dovrà decidere se lasciare il Tfr in azienda, esprimendo una preferenza in tal senso, o al fondo pensione complementare, che generalmente è previsto dal proprio
contratto di riferimento. Se il lavoratore non esprime una preferenza entro i primi sei mesi dall’assunzione, il Tfr verrà automaticamente assegnato al fondo pensione di riferimento.


Nei due casi ovviamente diventa diverso il rendimento del proprio Tfr:


  • nel caso del Tfr lasciato in azienda otterrà la rivalutazione fissata dal Codice civile, ovvero una parte fissa annua dell’1,5% più il 75% dell’aumento dell’inflazione calcolata dall’Istat;
  • nel caso del fondo pensione avrà il rendimento proprio del fondo pensione.


Diverso è anche il
carico fiscale che graverà sul Tfr. Nel caso del Tfr in azienda verranno applicate le aliquote Irpef medie degli anni di lavoro, mentre nel caso del fondo pensione ci sono tassazioni che sono nella maggior parte dei casi agevolate rispetto alla tassazione “normale”.

L’esatto importo netto del Tfr e anche le possibilità concrete di poterlo ricevere (per esempio chiedendo un anticipo) cambiano però a seconda che:


  • il lavoratore venga licenziato;
  • il lavoratore si dimetta;
  • il lavoratore vada in pensione.


In questi tre casi infatti le norme che regolano la tassazione applicata e le modalità di “riscatto” del Tfr prevedono modalità differenti, a seconda che il Tfr venga lasciato in azienda o venga destinato a un fondo pensione.



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