Aspettativa per motivi personali

feb 21, 2023

L’aspettativa per motivi personali può essere concessa dal datore di lavoro su richiesta del lavoratore per cui sia prevista questa possibilità. Vediamo come funziona e in cosa è differente dalle altre aspettative



Per aspettativa s’intende la possibilità per il lavoratore di
assentarsi dal posto di lavoro per un periodo più o meno lungo e per vari motivi. Durante questa assenza il lavoratore non può essere licenziato dal datore di lavoro.

La legge o i contratti nazionali prevedono varie tipologie di aspettativa, ma le due categorie generali sono l’aspettativa non retribuita, durante la quale non si riceve lo stipendio, e l’aspettativa retribuita, che invece prevede il versamento dello stipendio nonostante l’assenza dal lavoro.

L’aspettativa è in sostanza una possibilità aggiuntiva concessa al lavoratore, oltre ai permessi e ai congedi, per assentarsi temporaneamente dal proprio impiego, senza rischiare di essere licenziato. Le motivazioni per poter richiedere l’aspettativa sono diverse, e vanno dai gravi motivi familiari alla nomina del lavoratore in cariche pubbliche elettive, fino alla necessità di cura nel caso di tossicodipendenza.

C’è poi l’aspettativa per motivi personali, che è prevista da diversi contratti e può essere richiesta dal lavoratore quando questo ritiene che un periodo di aspettativa potrebbero facilitarlo in alcuni momenti impegnativi della propria vita personale, per motivi che vanno da un trasloco a un divorzio.

Vediamo come funziona e quali sono le differenze con le altre aspettative.



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Quali sono i motivi personali per aspettativa?

L’aspettativa può essere richiesta per vari motivi, che vanno dalla malattia di un familiare, gravi motivi familiari, per conseguire un titolo di studio, per fare volontariato, per ricoprire una carica elettiva o fare attività sindacale, ma anche per motivi personali non meglio specificati.

Quest’ultima tipologia è prevista da alcuni contratti per i lavoratori dipendenti del settore privato ed è di norma concessa anche al dipendente pubblico, fino a un periodo massimo di 12 mesi continui o frazionati. 

Significa che il periodo di tempo che si passa in aspettativa può essere fruito tutto di seguito, cioè 12 mesi continuativi, appunto, oppure suddividendolo in più spezzoni.

In ogni caso la richiesta di aspettativa non retribuita per motivi personali dev’essere motivata al datore di lavoro e questo ha la possibilità di non concederla a causa di motivi organizzativi dell’azienda. Una decisione contro cui il lavoratore può comunque fare ricorso.

Questa tipologia di aspettativa, per motivi personali, non prevede la possibilità di mantenere lo stipendio, è dunque non retribuita e può essere anche subordinata al raggiungimento da parte del lavoratore di una certa anzianità di servizio.

Prima di poter chiedere l’aspettativa per motivi personali, dunque, e a seconda del contratto che viene applicato, può essere richiesto un periodo di lavoro pregresso più o meno lungo al lavoratore.

L’aspettativa per motivi personali dune non dà diritto:


  1. allo stipendio, che non viene versato dal datore di lavoro al lavoratore;
  2. alla maturazione della pensione, perché normalmente non vengono versati i contributi.


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Quando è possibile mettersi in aspettativa?

L’aspettativa per motivi personali dunque si differenzia da altri tipi di aspettative previste dalla legge, come:


  • l’aspettativa per gravi motivi familiari;
  • l’aspettativa per assistere familiari disabili;
  • l’aspettativa per la tossicodipendenza del lavoratore o di suoi familiari;
  • l’aspettativa per formazione professionale;
  • l’aspettativa per ricoprire cariche istituzionali elettive;
  • l’aspettativa per l’attività sindacale;
  • l’aspettativa per volontariato;
  • l’aspettativa per il ricongiungimento col coniuge all’estero.


Ognuna di queste tipologie ha caratteristiche e norme specifiche che la regolano, e prevedono durate, modi e trattamenti diversi.

Nel caso dell’aspettativa per motivi personali è sufficiente che il lavoratore ritenga di avere un motivo fondato per chiedere l’astensione dal lavoro, non è obbligatorio avere motivi gravi.

In ogni caso la richiesta va presentata in forma scritta al datore di lavoro o al reparto risorse umane della propria azienda o ente di appartenenza.

L’aspettativa non retribuita per motivi personali viene concessa anche ai dipendenti pubblici, purché questi abbiano un contratto a tempo indeterminato. Sono quindi di norma esclusi da questa tipologia di aspettativa:


  • i lavoratori con contratto a tempo determinato;
  • i lavoratori assunti con contratti di formazione e lavoro.


Non possono chiedere l’aspettativa nemmeno i lavoratori che abbiano un rapporto di
collaborazione o i lavoratori autonomi che lavorino per un ente pubblico.

Il periodo che può essere concesso è di 12 mesi in un triennio e le motivazioni che possono essere prese in esame sono varie, senza prevedere per forza un grave disagio personale. Si tratta di tutte quelle motivazioni che riguardano comunque il benessere, lo sviluppo e al progresso dell’impiegato, ferme restando le esigenze tecnico-organizzative dell’ente di appartenenza, che può rifiutare il periodo di aspettativa sulla base di motivazioni fondate e provate.



Chi si mette in aspettativa prende lo stipendio?

L’aspettativa per motivi personali non è retribuita, quindi non prevede il pagamento dello stipendio da parte del datore di lavoro. Fermo restando che la legge prevede anche tipologie di aspettativa retribuita, come per esempio quella per assistere familiari disabili, che invece mantengono la possibilità di ricevere lo stipendio.

Nel caso dell’aspettativa non retribuita per motivi personali, viene concessa la possibilità di assentarsi dal posto di lavoro, sospendendo di fatto l’obbligo a garantire la prestazione lavorativa, ma nello stesso tempo viene sospeso anche l’obbligo per il datore di lavoro della retribuzione.

Si tratta dunque di una possibilità concessa al lavoratore, che assentandosi dal posto di lavoro può provocare un disagio all’azienda o all’ente per cui lavora. Ed è proprio per questo, visto che siamo in assenza di gravi motivi che spingono a fare la richiesta di aspettativa, che non viene riconosciuto il diritto a ricevere lo stipendio, a maturare l’anzianità e quindi al versamento dei contributi per la pensione.



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