Il periodo di maternità obbligatoria è uno degli strumenti fondamentali per la tutela della donna. Viene nella maggior parte dei casi riconosciuto dall’Inps, che paga la relativa indennità, e dura 5 mesi. Le leggi che la tutelano sono però state cambiate più volte nel corso degli anni, ecco quindi a chi spetta e tutto quello che bisogna sapere e fare per averla senza commettere errori.
ILa maternità obbligatoria è un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto dalla legge alle donne in gravidanza o nel cosiddetto puerperio, cioè nel periodo di cura del bambino immediatamente successivo alla data del parto.
Si tratta quindi di un obbligo, non di una scelta, che impedisce al datore di lavoro di richiedere la presenza sul posto di lavoro della donna in stato interessante o della neo-mamma per tutelare la genitorialità e la cura del nuovo arrivato. In qualche caso specifico spetta anche al padre.
L’obbligatorietà dell’astensione dal lavoro è definita dal Testo unico sulla maternità e della paternità del 2001, ma indirettamente riconosciuta anche dalla Costituzione. Questa all’articolo 37 stabilisce infatti che “le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua (della donna lavoratrice, ndr) essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.
La stessa donna può rinunciare alla maternità obbligatoria solo in determinate condizioni fissate dalla legge, per evitare che ci siano rinunce solo apparentemente volontarie, che dunque nascondano invece una pressione sul luogo di lavoro.
Nel periodo di astensione dal lavoro, che dura 5 mesi a cavallo della data presunta del parto, alla donna spetta un’indennità pari in genere sull’80% dell’ultimo stipendio, che viene anticipata dal datore di lavoro o pagata direttamente dall’Inps.
Successivamente alla nascita e nei primi anni di vita del bambino ai genitori sono poi concessi altri periodi di astensione dal lavoro, il cosiddetto congedo parentale, che è regolato da norme specifiche.
IIl congedo obbligatorio per maternità, come spiega l’Inps, spetta e deve essere utilizzato da tutte le donne in gravidanza o che hanno appena partorito, e in particolare a:
Così come per la madri naturali, la maternità obbligatoria è riconosciuta a determinate condizioni anche in caso di adozione o affidamento di minori. In questo caso la data di riferimento è quella dell’arrivo effettivo in famiglia.
AIl periodo di astensione dal lavoro dura come detto 5 mesi a partire da due mesi prima della data presunta del parto, e quindi da 3mesi dopo, oppure da un mese prima, con 4 mesi di astensione successivi al parto. Può essere però anticipata ulteriormente nel caso di una certificazione medica che attesti una gravidanza a rischio o se la Direzione territoriale del lavoro (l’Ispettorato) dichiara incompatibile con la gravidanza il compito lavorativo della donna.
Dopo il parto la maternità dura tre mesi se la data presunta coincide con la data effettiva del parto, tre mesi più i giorni non goduti in caso di parto anticipato oppure tutto il periodo concesso dalla Direzione territoriale del lavoro.
La legge di bilancio 2019 però ha concesso alla madre la facoltà di astenersi dal lavoro soltanto dopo la data del parto, a patto però che i medici attestino che questo non comporti pericolo né per la madre né per il nascituro. In casi ben determinati dall’Inps, il periodo di 5 mesi può essere inoltre sospeso, per esempio nel caso di ricovero del bambino in un ospedale.
Per quanto riguarda i padri invece hanno diritto al periodo di maternità/paternità obbligatoria in caso di morte o grave infermità della madre, nel caso in cui la madre abbandoni il bambino o nel caso in cui la potestà genitoriale venga affidata da un tribunale soltanto al papà.
L’indennità di maternità obbligatoria è pari all’80% dell’ultimo stipendio percepito dalla futura mamma prima di astenersi dal lavoro, mentre per chi è iscritto alla Gestione separata che abbiano un’attività libero-professionale e da contratto di collaborazione, spiega l’Istituto, “è pari all'80% di 1/365 del reddito”.
Lo “stipendio” viene pagato in busta paga dal datore di lavoro, che anticipa così il versamento vero e proprio dell’Inps. In alcuni casi invece, tra cui le lavoratrici stagionali, disoccupate, sospese o dello spettacolo, viene pagato direttamente dall’Inps.
La domanda va presentata prima dei due mesi che precedono il parto e comunque mai dopo un anno dalla fine del periodo di diritto, pena la perdita del diritto a ricevere l’indennità. Per farlo, la lavoratrice deve presentare il certificato medico di gravidanza tramite il suo medico, che lo invia al Servizio sanitario nazionale, e poi, una volta nato il bambino, comunicare le sue generalità e la data di nascita entro un mese dalla data del parto.
La domanda va presentata all’Inps in modalità telematica accedendo al servizio online specifico, oppure chiamando il call center apposito (803 164 - gratuito da rete fissa; oppure 06 164 164 da rete mobile) o ancora rivolgendosi a un patronato, che poi compilerà la domanda online.