Contratto a chiamata, cos'è e come funziona

Kelly Services spa • ago 03, 2022

​Il contratto a chiamata è una tipologia di lavoro intermittente che prevede periodi in azienda e a riposo, con alcune tutele per il dipendente e impegni per il datore di lavoro. Vediamo cosa bisogna sapere

Il contratto di lavoro a chiamata è una forma di rapporto di lavoro intermittente, che cioè prevede periodi di attività e periodi in cui il lavoratore non presta la sua opera al datore di lavoro.



Proprio per queste caratteristiche, è una tipologia di lavoro che viene usata soprattutto nei settori del turismo, della ristorazione o dello spettacolo, perché questi settori sono caratterizzati da picchi di lavoro che necessitano di aumentare la forza lavoro in alcuni periodi dell’anno o della settimana, senza grandi possibilità di prevedere quando ci sarà bisogno del lavoratore.

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Come funziona il contratto di lavoro a chiamata?


Il lavoro a chiamata è una forma di lavoro subordinato, in cui è il datore di lavoro a decidere come e quando il lavoratore presta la propria opera all’azienda. Come indica il nome, il lavoratore viene “chiamato” dall’impresa al momento del bisogno, cioè quando nell’attività svolta c’è bisogno di più manodopera.


Si tratta di una forma di lavoro che può essere a tempo indeterminato, cioè senza una scadenza prefissata, o a tempo determinato, in cui un lavoratore si pone a disposizione per un arco di tempo che viene prefissato da entrambe le parti.


Trattandosi di un contratto di lavoro intermittente, il lavoro a chiamata prevede per sua natura periodi di lavoro e periodi di riposo, con l’impegno da parte del datore di lavoro ad avvertire per tempo il lavoratore che ha bisogno di lui: la legge prevede un termine minimo di preavviso, non inferiore a un giorno lavorativo, e modalità specifiche di comunicazione, come la Pec o l’sms, in casi specifici.


Le modalità di svolgimento del lavoro a chiamata vengono definite volta per volta dai contratti nazionali di settore o da appositi decreti del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.


Quando arriva la “chiamata” del datore di lavoro, il lavoratore può comportarsi in vario modo:


  1. se ha dato la garanzia di disponibilità, deve obbligatoriamente rispondere alla chiamata e recarsi al posto di lavoro. Proprio per questa sua disponibilità continua al lavoro, il lavoratore riceve in questo caso un’indennità di disponibilità, che è normalmente pari al 20% della retribuzione prevista.
    Anche in questo caso ci sono modalità di rifiuto della prestazione lavorativa, che vanno però comunicate con modalità e con tempi ben definiti, per non andare incontro a sanzioni o al licenziamento.
  2. se non ha dato la garanzia di disponibilità, il lavoratore è libero di rispondere o no alla chiamata, accettando o rifiutando la richiesta del datore di lavoro.


Il datore di lavoro può ricorrere al lavoro a chiamata solo ad alcune condizioni, che possono essere oggettive o soggettive:


  1. le condizioni oggettive sono quelle concesse dai Contratti nazionali di lavoro, che definiscono le modalità permesse per il lavoro intermittente e a chiamata, anche riguardo a precisi periodi della settimana o dell’anno.
    Se i contratti nazionali non prevedono norme specifiche, valgono i decreti del ministero del Lavoro;
  2. le condizioni soggettive riguardano invece quelle relativa alla persona: il contratto di lavoro a chiamata infatti può essere proposto solo ai lavoratori con meno di 25 anni oppure a quelli che hanno più di 55 anni, anche pensionati.


Questo tipo di contratto, inoltre, non può essere usato per un periodo superiore alle 400 giornate nell’arco di tre anni. Questo limite però non vale per i lavoratori del commercio, del turismo e dello spettacolo.


Nel caso di superamento di questo limite, il rapporto di lavoro si trasforma in un rapporto a tempo pieno e indeterminato.

Prima che il lavoratore inizi la sua prestazione lavorativa, il datore di lavoro è tenuto a comunicarlo per via telematica sul portale del ministero del Lavoro.

Quante ore si possono fare con un contratto a chiamata?


Il lavoro a chiamata è attivabile dai datori di lavoro per un periodo massimo di 400 giorni nell’arco di tre anni. Il limite però non vale per alcuni settori come turismo, commercio e spettacolo dove questa tipologia di lavoro è più diffusa, proprio per le caratteristiche di questi settori.

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Come viene pagato un lavoratore a chiamata?


Il lavoratore a chiamata, quando è in servizio, dev’essere pagato in linea di massima con lo stesso stipendio previsto per un altro lavoratore impiegato nella stessa azienda e allo stesso livello.


Ovviamente, trattandosi di un lavoro intermittente, è la paga oraria che fa fede: il lavoratore quindi verrà pagato in base alle ore che lavora, che serviranno anche a maturare istituti come Tfr, tredicesima o quattordicesima, se prevista.

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