Ritenuta d'acconto, cos'è e come farla

Kelly Services • lug 12, 2023

La ritenuta d’acconto è un anticipo delle tasse dovute allo Stato versate da un datore di lavoro che è soggetto sostituto d’imposta. Ecco come funziona e cosa bisogna sapere



La ritenuta d’acconto è un
anticipo del pagamento delle tasse che viene addebitato al cliente di un professionista per una prestazione. In questo caso dunque il cliente diventa “sostituto d’imposta” perché s’impegna a versare parte delle tasse dovute dal lavoratore professionista allo Stato, generalmente Irpef o Irap.

Una parte del compenso dovuto per la prestazione concordata dunque viene trattenuta dal cliente che la versa direttamente allo Stato al posto del professionista.

Toccherà poi ai liberi professionisti, nel momento in cui fanno la dichiarazione dei redditi, scorporare dal dovuto la quota di tasse già pagata come ritenuta d'acconto, appunto, dai sostituti d’imposta.


L’obiettivo di questo meccanismo per l’erario è duplice:


  1. ricevere subito parte delle tasse dovute, senza attendere la fase di dichiarazione dei redditi vera e propria;
  2. diminuire i controlli necessari nei confronti dei contribuenti per contrastare l’evasione fiscale.


In realtà le norme impongono di applicare la ritenuta, oltre che al lavoro autonomo, anche ad altre tipologie di redditi, compreso quello da lavoro dipendente e da capitale. Qui vediamo come funziona e come si calcola la ritenuta d’acconto per il solo lavoro autonomo.



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Cosa vuol dire lavorare con ritenuta d’acconto?

Per ritenuta d’acconto s’intende la cifra che il cliente di un professionista trattiene dal compenso pattuito per una prestazione di lavoro per versarlo a titolo d’acconto all’erario al posto del professionista incaricato, oppure del collaboratore, nel caso di prestazioni occasionali.

Esiste anche la ritenuta d’acconto a titolo di imposta, che invece di rappresentare solo un’anticipazione dell’imposta rappresenta tutta l’imposta dovuta allo Stato. Una volta versata dunque nessun’altra cifra sarà dovuta all’erario.

Fatturare con ritenuta significa dunque indicare in fattura la quota della ritenuta d’acconto, che è generalmente del 20% per i professionisti residenti nel territorio italiano e del 30% per i professionisti che hanno la propria residenza fuori dal territorio dello Stato.


Quindi, come specifica l’Agenzia delle entrate:

Tipo di reddito Aliquota ritenuta Base imponibile
Compensi per prestazioni di lavoro autonomo anche occasionale 20% a titolo d’acconto 100%
Compensi per cessione diritti d’autore da parte dello stesso autore:
soggetti di età superiore a 35 anni 20% a titolo d’acconto 75%
soggetti di età inferiore a 35 anni 20% a titolo d’acconto 60%
Compensi per l’assunzione di obblighi di fare, non fare e permettere 20% a titolo d’acconto 100%
Compensi ad associati in partecipazione che apportano solo lavoro 20% a titolo d’acconto 100%
Partecipazione agli utili di soci fondatori o promotori 20% a titolo d’acconto 100%
Compensi di qualsiasi natura per prestazioni di lavoro autonomo anche occasionale corrisposti a soggetti non residenti 0% a titolo d’imposta 100%
Compensi per cessione di opere d’ingegno, brevetti industriali, marchi d’impresa, formule, ecc. corrisposti a soggetti non residenti 30% a titolo d’imposta 100%

Per calcolare la ritenuta d’acconto ci si comporta però in modo diverso a seconda che il professionista sia iscritto o meno a una cassa previdenziale:


  1. per un professionista senza cassa previdenziale il 20% (o il 30%, se dovuto) si calcola sull’importo lordo del compenso più la rivalsa Inps, che è generalmente del 4%;
  2. per il professionista iscritto a una cassa previdenziale invece la ritenuta si calcola sul solo compenso.


Quindi, nel caso di un professionista
senza cassa previdenziale, se il compenso pattuito è di 1.000 euro, la fattura indicherà:


compenso: 1.000 euro;

rivalsa Inps (facoltativa, 4%): 40 euro;

IVA (22%): 228,8;

totale fattura: 1.268,8 euro


Per conoscere il compenso netto che il cliente deve pagare, bisogna dunque sommare compenso e rivalsa Inps (1.040 euro) e sottrarre il 20% di ritenuta d’acconto:


1.040 - 208 = 1.060,8 euro


Al contrario, per un professionista iscritto a una cassa previdenziale, e ipotizzando che il contributo previsto dalla cassa di appartenenza sia ancora il 4%, per lo stesso compenso di 1.000 euro:


compenso: 1.000 euro

contributo cassa (4%): 40 euro

IVA (22%): 228,8 euro

totale fattura: 1.268,8 euro


In questo caso, però, la ritenuta d’acconto viene calcolata senza calcolare il contributo del 4% alla cassa di previdenza, quindi, il 20% di 1.000 euro, ovvero 200 euro. Il compenso netto che dovrà essere pagato dal cliente sarà quindi di:


1.000 - 200 = 1.068 euro


Il cliente quindi pagherà al professionista o al collaboratore il compenso al netto della trattenuta e verserà poi l’ammontare della ritenuta d’acconto all’Erario entro il 16 del mese successivo al pagamento effettuato, utilizzando il modello F24.


Il sostituto d’imposta dovrà poi certificare le ritenute effettuate nell’anno entro il 31 marzo dell’anno successivo, in modo che il professionista, nel momento della dichiarazione dei redditi, possa sottrarre queste somme all’imposta dovuta sul proprio reddito annuale.

Non devono essere soggetti alla ritenuta d’acconto invece i rimborsi per le spese di viaggio, vitto e alloggio, che non essendo compensi veri e propri non hanno l’obbligo di versare la ritenuta.



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Chi deve pagare la ritenuta d’acconto?

Secondo le indicazioni del Testo unico sulle imposte sono tenuti ad effettuare la ritenuta d’acconto, in quanto sostituti d’imposta:


  • società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione, società europee e società cooperative europee residenti nel territorio dello Stato;
  • enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché trust, residenti nel territorio dello Stato, aventi come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
  • enti pubblici e privati diversi dalle società, trust non aventi come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, nonché organismi di investimento collettivo del risparmio residenti nel territorio dello Stato;
  • società ed enti di ogni tipo, compresi i trust con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato;
  • società semplici, società in nome collettivo e società in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato;
  • persone fisiche che esercitano imprese commerciali o agricole;
  • persone fisiche che esercitano arti o professioni;
  • curatore fallimentare e il commissario liquidatore;
  • condominio.



Come funziona la ritenuta d’acconto senza partita IVA?

Nel caso di una collaborazione occasionale, la ritenuta d’acconto viene indicata nella nota di collaborazione occasionale dal collaboratore, ingaggiato appunto per una prestazione lavorativa che però deve come noto non avere vincoli di subordinazione e rispettare alcuni limiti per frequenza, durata e incasso previsto.

Nella nota di collaborazione occasionale va dunque indicata la ritenuta d’acconto, generalmente del 20% sul compenso lordo pattuito tra le parti, come anticipazione di una parte delle imposte dovute che viene versata, appunto, dal soggetto sostituto d’imposta.



Quando si deve versare la ritenuta d’acconto?

La ritenuta d’acconto va versata dai datori di lavoro, cioè i sostituti d’imposta, entro il 16 del mese successivo a quello in cui viene effettuato il pagamento. Se il termine per il versamento delle ritenute operate cade di sabato o in un giorno festivo lo stesso termine viene rimandato al primo giorno lavorativo successivo.

Come spiega l’Agenzia delle entrate, il versamento va fatto usando il modello F24 soltanto con modalità telematiche, usando quindi il portale apposito, per tutti i sostituti titolari di partita Iva, in particolare usando il codice tributo 1040.

Nel caso in cui il versamento non avvenga nei termini previsti, bisogna rimediare utilizzando il ravvedimento operoso.



Chi sono i soggetti a ritenuta d’acconto?

Sono soggetti alla ritenuta d’acconto i compensi per prestazioni di lavoro autonomo pagati ad artisti e professionisti, che rientrano in alcune categorie.


In particolare, come sottolinea l’
Agenzie delle entrate, si tratta dei compensi versati da un datore di lavoro:


  • per prestazioni di lavoro autonomo, anche occasionale;
  • per prestazioni di lavoro autonomo anche sotto forma di partecipazione agli utili;
  • per prestazioni rese a terzi o comunque nell’interesse di terzi;
  • per l’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere;
  • sugli utili che derivano da rapporti di associazione in partecipazione, quando l’associato fornisce soltanto la prestazione di lavoro;
  • sui compensi versati da cessione di diritti d’autore;
  • sui diritti per le opere dell’ingegno che vengono cedute da persone fisiche (ma non imprenditori) o professionisti che le hanno acquistate;
  • sugli utili che spettano a promotori e soci fondatori di società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata.


Non sono invece soggetti all’applicazione della ritenuta i compensi versati per prestazioni di lavoro autonomo occasionale che non superano i
25,83 euro, a meno che questi non siano acconti di un compenso superiore, e che vengono pagati da enti pubblici e privati che non hanno come oggetto esclusivo o comunque principale l’attività commerciale.


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