Bonus donne disoccupate: tutto quello che c'è da sapere

Kelly Services spa • dic 08, 2021

Per favorire le assunzioni di donne senza un impiego regolare, la legge di bilancio 2021 ha esteso alcune possibilità di esonero già previste dalla Legge Fornero del 2021. Ecco le aziende che possono richiederlo, le donne che ne hanno diritto e le procedure per avanzare la richiesta


Il Covid ha avuto effetti nefasti sull’occupazione, in particolare quella femminile. Secondo l’Istat infatti le donne occupate passano da 9,842 milioni del dicembre 2019 a 9,530 milioni di dicembre 2020, con una perdita secca di 312mila posti di lavoro, mentre gli uomini scendono da 13,441 milioni a 13,309, perdendo 132mila occupati.


Una disparità contro cui è voluta intervenire la Legge di Bilancio 2021 (legge 30 dicembre 2020, n. 178) che all’articolo 1, comma 16, prevede che per le assunzioni di donne lavoratrici effettuate nel biennio 2021-2022, è riconosciuto in via sperimentale un esonero contributivo del 100%, con un limite pari a 6.000 euro annui.



Vediamo a quali lavoratrici e a quali imprese è destinato questo vantaggio fiscale, che amplia quello già previsto nel 2012 dalla cosiddetta “Legge Fornero”.

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Chi ha diritto al Bonus donne disoccupate 2021?


Lo chiarisce l’Inps, con la circolare n. 32 del 22 febbraio 2021, indicando nel dettaglio quali sono le lavoratrici senza un impiego per cui i datori di lavoro possono richiedere l’esonero contributivo.


Sono quindi considerate “svantaggiate” e possono dare accesso all’esonero le assunzioni di:

  1. donne con almeno 50 anni e disoccupate da oltre 12 mesi;
  2. donne di qualsiasi età che risiedono in regioni ammissibili ai finanziamenti (sono stabilite dalla Commissione europeasu proposta dell'Italia: si tratta di Calabria, Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia oltre ad alcune zone specifiche di regioni come Emilia Romagna, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Sardegna, Toscana, Valle d’Aosta, Veneto) e senza un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi;
  3. donne di qualsiasi età senza un lavoro pagato regolarmente da almeno 6 mesi che svolgono professioni o attività lavorative “in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere”: sono stati definiti dal Dl 234 del Ministero del Lavoro del 16 ottobre 2020;
  4. donne di qualsiasi età e senza limiti di residenza senza un impiego pagato regolarmente da almeno 24 mesi.


Per quali assunzioni vale il Bonus donne disoccupate?


L’incentivo vale per le assunzioni:


  1. a tempo determinato;
  2. a tempo indeterminato;
  3. le trasformazioni a tempo indeterminato di un precedente rapporto agevolato.


L’incentivo spetta anche per le assunzioni 
part-time e per le agenzie di lavoro in somministrazione che assumano le lavoratrici con contratti a tempo determinato o indeterminato, mentre non valgono per i rapporti di lavoro intermittente e per le prestazioni di lavoro occasionale.

Sono ugualmente escluse le assunzioni in apprendistato e i contratti di lavoro domestico, perché le norme esistenti, precisa l’Inps, prevedono già l’applicazione di aliquote ridotte rispetto a quelle ordinarie.


Per quanto riguarda la durata del periodo agevolato l’Inps spiega che l’incentivo spetta:


  1. fino a 12 mesi in caso di assunzione a tempo determinato;
  2. per 18 mesi nel caso di assunzione a tempo indeterminato;
  3. per 18 mesi in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a termine già agevolato, a partire dalla data di assunzione;
  4. fino a 12 mesi in caso di proroga del rapporto di lavoro.


Il periodo di fruizione dell’incentivo, come avviene per altre tipologie di agevolazioni, può essere sospeso esclusivamente nei casi di assenza obbligatoria dal lavoro per maternità.

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Per quale aziende vale il Bonus donne disoccupate?


Possono richiedere il beneficio tutti i datori di lavoro privati, anche non imprenditori, compresi i datori di lavoro agricoli. L’esonero non si applica invece alle Pubbliche amministrazioni, mentre sono compresi:


  1. gli enti pubblici economici;
  2. gli Istituti autonomi case popolari trasformati in enti pubblici economici;
  3. gli enti che per effetto delle privatizzazioni si sono trasformati in società di capitali, anche se a capitale pubblico;
  4. le ex IPAB trasformate in associazioni o fondazioni di diritto privato:
  5. le aziende speciali costituite anche in consorzio;
  6. i consorzi di bonifica;
  7. i consorzi industriali;
  8. gli enti morali;
  9. gli enti ecclesiastici.


Sono invece esclusi:


  1. le amministrazioni dello Stato, compresi le scuole, le accademie e i conservatori statali, oltre alle istituzioni educative;
  2. le aziende e le amministrazioni dello Stato a ordinamento autonomo;
  3. le Regioni, le Province, i Comuni, le Città metropolitane, gli enti di area vasta, le Unioni dei comuni, le Comunità montane, le Comunità isolane o di arcipelago e loro consorzi e associazioni;
  4. le Università;
  5. gli Istituti autonomi per case popolari e gli ATER che non siano qualificati dalla legge come enti pubblici non economici;
  6. le Camere di commercio e loro associazioni;
  7. gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali;
  8. le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale;
  9. l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche Amministrazioni (ARAN);
  10. altre tipologie di agenzie inserite nel decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.


L’esonero è concesso però solo se viene rispettato l’incremento occupazionale netto, specifica l’Inps, che viene calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori occupati di ciascun mese oppure sulla base del numero dei lavoratori mediamente occupati nei 12 mesi precedenti.


Il datore di lavoro che intende richiedere il beneficio deve fare richiesta alla sede Inps della propria regione oppure presentare la domanda in maniera digitale attraverso il sito Internet dell’istituto.


La procedura dettagliata per avanzare la richiesta di esonero e le modalità operative sono state ulteriormente chiarite dall’Inps col messaggio 3809 del 5 novembre 2021.

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