Lo stress correlato all’attività lavorativa può provocare seri problemi di salute e causare anche una perdita importante di produttività. Ecco come riconoscerne i sintomi ed impedire che superi il livello di guardia
Ansia, depressione, disaffezione dal proprio lavoro. Ma anche problemi psichici e fisici veri e propri come problemi del sonno e disfunzioni del sistema nervoso. Sono solo alcuni degli effetti dello stress correlato al lavoro, un problema per lavoratori e datori di lavoro riconosciuto da anni sia dalla scienza che dalla normativa.
Non si tratta di una malattia, ma di una condizione che può verificarsi quando le richieste sul luogo di lavoro superano le
possibilità di risposta della persona. Per questo la legge impone di trattare lo stress sul lavoro all’interno delle norme più generali sulla sicurezza e salute sul lavoro, tra cui, in Italia, il Decreto legislativo n.81 del 2008, che viene aggiornato anno dopo anno a seconda delle norme uscite.
Secondo l’Accordo europeo sullo stress lavoro correlato del 2004, recepito in Italia con un accordo interconfederale nel 2008, lo stress è:
“una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di rispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro”.
Si tratta di un rischio che riguarda quindi potenzialmente tutti i luoghi di lavoro e tutte le condizioni di lavoro capaci di suscitare tensioni e preoccupazioni, coinvolgendo quindi ogni lavoratore, dipendente e non. Ogni persona è infatti perfettamente in grado di lavorare sotto stress per brevi periodi, che possono anche essere considerati in modo positivo come stimolo alla produttività nell’ambiente di lavoro.
Ma alla lunga lo stress può causare problemi, anche perché ogni individuo risponde in maniera diversa ai carichi di lavoro. Questo diventa un problema per impresa e lavoratore, perché una situazione di tensione prolungata può ridurre l’efficienza, la sicurezzasul lavoro e provocare problemi di salute.
Secondo alcuni studi condotti a livello europeo, circa la metà dei 147 milioni di lavoratori europei sostiene di lavorare a ritmi molto serrati, più di un terzo non può influire sui compiti che gli vengono assegnati e più di un quarto non può determinare il proprio ritmo di lavoro.
Inoltre, il 45 per cento pensa di svolgere lavori monotoni, il 44 per cento non ha accesso a una rotazione dei compiti e il 50 per cento si occupa di compiti ripetitivi.
Secondo stime prudenti, si calcola quindi che lo stress legato alle condizioni lavorative possa comportare costi per 20 miliardi di euro all’anno, per perdita di lavoro e per costi sanitari, senza contare i rischi psicosociali e le sofferenze dei milioni di lavoratori coinvolti.
Troppo lavoro, poco tempo, compiti non chiari, compensi scarsi, responsabilità pesanti, mancanza di riconoscimento, precarietà del lavoro. Sono queste alcune delle principali cause dello stress, così come elencate dalla Commissione europea già nel 2008. I fattori più comuni individuati dagli specialisti infatti sono:
Lo stress sul lavoro può emergere quindi se anche solo una di queste condizioni è presente sul luogo di lavoro. Solo conoscendole, quindi, si può definire una serie di attività che le aziende devono svolgere per ridurre il rischio di stress aumentando così, di conseguenza, la sicurezza sul posto di lavoro.
Sebbene spetti al datore di lavoro la responsabilità giuridica di garantire la valutazione dei rischi sul lavoro, è però indispensabile coinvolgere anche i lavoratori per riconoscerne i sintomi in maniera efficace e identificare i problemi che possono verificarsi nei luoghi di lavoro.
Ovviamente a queste cause interne al luogo di lavoro, possono poi aggiungersi anche fattori esterni e personali che possono aggravare le conseguenze dello stress correlato al lavoro, come:
I campanelli d’allarme che ci devono mettere in guardia sono:
Se la condizione di stress dura a lungo, possono esserci anche conseguenze gravi sulla salute, come: