La capacità di risolvere i problemi è una delle competenze più richieste dalle aziende. Si tratta di una tecnica che può essere migliorata con la pratica. Vediamo come
Filosofia, psicologia, didattica, programmazione. Il concetto di problem solving, cioè risoluzione dei problemi, attraversa da decenni le discipline più varie. E non potrebbe essere che così, visto che la soluzione dei problemi che affrontiamo quotidianamente è una delle attività fondamentali della nostra vita.
In ambito lavorativo, il processo di problem solving è uno dei momenti chiave dello sviluppo di un’azienda. Per questo la capacità di problem solving è tra le soft skill, cioè le competenze relazionali e personali, più richieste dagli imprenditori e più presente negli annunci di lavoro.
Il problem solving è la capacità di risolvere problemi, un’attività cognitiva e di comportamento che consente di superare un ostacolo incontrato sul proprio percorso che allontana un obiettivo da raggiungere. Una delle definizioni possibili è quella, molto generale, proposta dallo psicologo e pittore italiano Gaetano Kanizsa:
“Un problema sorge quando un essere vivente, motivato a raggiungere una meta, non può farlo in forma automatica o meccanica, cioè mediante un’attività istintiva o attraverso un comportamento appreso”.
Per risolvere un problema, dunque, non ci si può affidare soltanto a quanto già sappiamo fare. Bisogna trovare un nuovo metodo, guardare il nodo che non riusciamo a sciogliere da un altro punto di vista oppure, e questo vale soprattutto nel lavoro in team, affidarsi all’aiuto e alle competenze degli altri.
Non bisogna però pensare che le tecniche di problem solving si applichino solo a problemi matematici o di programmazione informatica. Perchè la risoluzione dei problemi rientra anche in campo psicologico, creativo e, come abbiamo visto, anche lavorativo.
Le definizioni e le tecniche per il problem solving proposte nel corso degli anni da studiosi e psicologi sono tante, e molte hanno alcuni punti in comune. Tutte partono dalla comprensione e dalla necessità di analizzare e definire il problema, con un processo cognitivo senza il quale questo non può essere inquadrato correttamente. Passano poi a una fase di “smontaggio” del problema e alla ricerca di soluzioni alternative. Concludono con la scelta di una strada da percorrere (la fase di “decision making”) e la valutazione dei risultati ottenuti.
Tra i metodi più citati per migliorare la capacità di risolvere i problemi c’è il cosiddetto metodo APS, che sta per Applied Problem Solving, che prevede di:
Un altro metodo base prevede quattro fasi principali:
Anche la tecnica del FARE prevede quattro fasi:
Esiste anche la tecnica dei 6 cappelli, ideata dallo scrittore e accademico maltese Edward De Bono, esperto di pensiero creativo. Il metodo di De Bono invita a osservare il problema da risolvere da più punti di vista, immaginando di indossare, appunto, sei cappelli diversi con cui cambiare il modo di approcciarsi all’ostacolo da affrontare:
Oltre a queste tecniche e processi di risoluzione dei problemi esistono tecniche più specifiche che possono aiutare il processo di risoluzione dei problemi, come le mappe mentali e il brain storming.